Sliding doors
Inviato: 03/12/2020, 22:35
Tutto nacque quando, nel 1988, mi ruppi il ginocchio e subii il primo dei sei interventi poi collezionati negli anni.
D'altra parte, se si sceglie di praticare uno sport pericoloso, questo può capitare.
In quel periodo - avevo vent'anni - stavo considerando l'ipotesi di intraprendere la professione militare. Considerando, non deciso.
Lo avrei fatto chiedendo l'ammissione in Accademia a Modena, dopo l'Università, per poi entrare nella Folgore.
L'incidente sportivo mi precluse questa eventualità: non avrei potuto reggere, con quel ginocchio, una vita intera nell'unico Reparto di cui avrei voluto far parte.
Non rinunciai, però, nel corso dell'ultimo anno di studi mancando solo la tesi, a partire per la Smipar, deciso a servire nei ranghi della Brigata. Visto il mio ginocchio mi guardarono piuttosto straniti. Riuscii ad impormi e a svolgere il mio servizio militare come Paracadutista. Un anno, stringendo i denti in molte situazioni, lo potevo reggere, ma di più sarei stato un rischio per me e per gli altri con me. Reparti operativi di questo tipo non possono avere uomini non efficienti. Soprattutto se, nel tempo, fossi poi entrato nel 9°, Reggimento a cui ho sempre guardato e guardo con immensa ammirazione.
La mia vita prese quindi, senza aver potuto scegliere, una direzione che magari avrebbe avuto ugualmente.
Ho trascorso quasi venti anni girando il mondo per lavoro, nel settore design/lusso. Mi è piaciuto moltissimo, ho imparato, visto, assorbito e respirato culture, stili, persone.
Senza quel lavoro, per il quale venivo pure pagato, avrei vissuto un quarto di quanto abbia vissuto la mia vita.
Dopo vent'anni successe che ciò che io e quella professione dovevamo darci ce lo fossimo dato.
Lascio. Lascio senza un porto sicuro. Da incosciente. O da onesto con me stesso. Mi aiuta a lasciare una situazione particolare, un periodo di insoddisfazione. Ma non avevo altro.
Parlo con un po' di aziende, mi stanco di discorsi fumosi, di politiche aziendali che non avrei condiviso.
Scelgo di cambiare tutto. Ripartire da zero. Pian piano costruisco una nuova professione. Dopo quasi tre anni non tornerei più indietro in alcun modo. Ciò che faccio mi piace molto. Mi piace molto e ho tempo per me, per la mia bimba. Posso vederla crescere, cosa che prima non avrei potuto fare in questo modo. Due giorni dopo la sua nascita dovetti ad esempio partire per il Qatar all'improvviso, trascorrevo molto tempo all'estero. Papà è sull'aereo, diceva la mamma alla bimba, quando iniziava a capire e chiedere.
Respirando la mia bimba, vivendo la sua crescita, non potrei più tornare indietro.
E, tutto questo, perché 32 anni fa mi ruppi un ginocchio.
Non fosse accaduto sarei forse in qualche parte del mondo in teatri operativi. O magari non ci sarei più.
Ciò che mi impedì di scegliere mi ha in realtà consentito di avere molto di più.
Avrei, col senno di poi, amato di più essere parte, per tutta la vita, della Brigata o del 9°?
Se non avessi la mia bimba, pur avendo sempre avuto la fortuna - e la volontà - di svolgere una professione per la quale avrei pagato pur di svolgerla, sì: a distanza di anni dico di sì. Avrei avuto piena soddisfazione in quel contesto. Con tutti i rischi del caso.
Per come sono andate le cose, invece, sono felice per la quasi sliding door del 1988, pur in quel momento maledetta: non potrei chiedere di più.
D'altra parte, se si sceglie di praticare uno sport pericoloso, questo può capitare.
In quel periodo - avevo vent'anni - stavo considerando l'ipotesi di intraprendere la professione militare. Considerando, non deciso.
Lo avrei fatto chiedendo l'ammissione in Accademia a Modena, dopo l'Università, per poi entrare nella Folgore.
L'incidente sportivo mi precluse questa eventualità: non avrei potuto reggere, con quel ginocchio, una vita intera nell'unico Reparto di cui avrei voluto far parte.
Non rinunciai, però, nel corso dell'ultimo anno di studi mancando solo la tesi, a partire per la Smipar, deciso a servire nei ranghi della Brigata. Visto il mio ginocchio mi guardarono piuttosto straniti. Riuscii ad impormi e a svolgere il mio servizio militare come Paracadutista. Un anno, stringendo i denti in molte situazioni, lo potevo reggere, ma di più sarei stato un rischio per me e per gli altri con me. Reparti operativi di questo tipo non possono avere uomini non efficienti. Soprattutto se, nel tempo, fossi poi entrato nel 9°, Reggimento a cui ho sempre guardato e guardo con immensa ammirazione.
La mia vita prese quindi, senza aver potuto scegliere, una direzione che magari avrebbe avuto ugualmente.
Ho trascorso quasi venti anni girando il mondo per lavoro, nel settore design/lusso. Mi è piaciuto moltissimo, ho imparato, visto, assorbito e respirato culture, stili, persone.
Senza quel lavoro, per il quale venivo pure pagato, avrei vissuto un quarto di quanto abbia vissuto la mia vita.
Dopo vent'anni successe che ciò che io e quella professione dovevamo darci ce lo fossimo dato.
Lascio. Lascio senza un porto sicuro. Da incosciente. O da onesto con me stesso. Mi aiuta a lasciare una situazione particolare, un periodo di insoddisfazione. Ma non avevo altro.
Parlo con un po' di aziende, mi stanco di discorsi fumosi, di politiche aziendali che non avrei condiviso.
Scelgo di cambiare tutto. Ripartire da zero. Pian piano costruisco una nuova professione. Dopo quasi tre anni non tornerei più indietro in alcun modo. Ciò che faccio mi piace molto. Mi piace molto e ho tempo per me, per la mia bimba. Posso vederla crescere, cosa che prima non avrei potuto fare in questo modo. Due giorni dopo la sua nascita dovetti ad esempio partire per il Qatar all'improvviso, trascorrevo molto tempo all'estero. Papà è sull'aereo, diceva la mamma alla bimba, quando iniziava a capire e chiedere.
Respirando la mia bimba, vivendo la sua crescita, non potrei più tornare indietro.
E, tutto questo, perché 32 anni fa mi ruppi un ginocchio.
Non fosse accaduto sarei forse in qualche parte del mondo in teatri operativi. O magari non ci sarei più.
Ciò che mi impedì di scegliere mi ha in realtà consentito di avere molto di più.
Avrei, col senno di poi, amato di più essere parte, per tutta la vita, della Brigata o del 9°?
Se non avessi la mia bimba, pur avendo sempre avuto la fortuna - e la volontà - di svolgere una professione per la quale avrei pagato pur di svolgerla, sì: a distanza di anni dico di sì. Avrei avuto piena soddisfazione in quel contesto. Con tutti i rischi del caso.
Per come sono andate le cose, invece, sono felice per la quasi sliding door del 1988, pur in quel momento maledetta: non potrei chiedere di più.